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torta di mandorle

Per scrivere questo articolo ci ho impiegato esattamente quattro giorni, venti bozze cancellate, un sacco di santiate in aramaico antico e una quantità di sconforto che Leopardi a confronto era un pischello.

finite le feste e i fasti di cui lamentarmi; gennaio è iniziato bello freddo e grigio e quindi, non posso giocarmi nemmeno la carta che non esistono più gli inverni di una volta, di quando ghiacciavano le pozzanghere e del vento freddo che ti tagliava la faccia.

Tolti gli argomenti classici , come i traumi post festività da dieta, dei miei figli  e del gatto, che ultimamente fa il matto, vai a capire perchè, ho come l’impressione di aver smarrito le parole.

E io che smarrisco le parole, veramente non si può sentire.

Eppure è così l’introduzione di questa ricetta, che sarebbe dovuta uscire già due giorni fa, mi sta dando filo da torcere.

Dove prendere l’ispirazione? in che modo si può prendere ispirazione, quando guardi le parole e nessuna ti sembra di senso compiuto?

come raccontarvi di questa torta deliziosa , che può accompagnare un tea pomeridiano,  può sostituire un pan di spagna in una torta farcita o più semplicemente può arricchire la vostra colazione?

E in soccorso a questa empasse, mi è venuta, come sempre mia nonna, che probabilmente dall’aldilà avrà pensato che mi stessi lagnando troppo e che con quello che avevo scritto fino a quel momento, stessi soltanto divagando in chissà quale limbo.

della torta di mandorle, come la faceva mia nonna, non ne ho un ricordo definito,  ricordo solo che la preparava  alle feste importantissime, come i matrimoni, i battesimi e le comunioni, le mandorle erano merce rara e che  tutto dipendeva  dalla generosità degli alberi.

quel che ricordo bene , è tutto quello che si faceva prima .

Si partiva al mattino presto, al fondo si trovavano queste lunghe canne, prese dal vallone e pulite dal nonno; a noi toccava far cadere le mandorle  dall’albero, abbattendo le canne sui rami per aiutarle a farle cadere.

Inutile dire che spesso queste canne finivano sulle teste altrui e quando capitava che beccavi la nonna, avoglia a correre, ti inseguiva in lungo in largo; poi , ovviamente si stancava e la vedevi minacciarti da lontano ; tanto presto o tardi saremmo dovuti ritornare .

La raccolta, in genere avveniva sempre in un clima di festa, si faceva tanta caciara; spesso finito il loro lavoro,  arrivavano i vicini a dare una mano e lì, partivano cunti e fatti a non finire.Da qualche parte c’era un Ngencio che era caduto in un pozzo e che un compare suo , un certo ‘ndonio gli erano venute, dallo spavento,  tante le palpitazioni  forti che aveva pensato di avere un infarto.ma era stato solo lo spavento perchè il pozzo l’aveva fatto lui.

E noi, andavamo alla ricerca di questo pozzo, perchè poi nessuno ci diceva se Ngencio era stato salvato o meno e volevamo scoprire se ci fosse stato ancora  indizio per poter condurre le indagini.

Qui è la, si raccontava, erano state trovate monete dalla foggia strana e cocci di giare, che sembravano antiche e qualcuno sosteneva , che cummara Marietta, mentre zappava la terra, aveva trovato proprio un cadavere sepolto con un elmo, come quello dei romani, gli si era conficcata la zappa nel ferro e aveva scavato con le mani, fino a trovare questi reperti che si diceva poi, l’avevano resa ricchissima.

Non lo sapevano tutti, ma un tempo questa terra era un cimitero, un cimitero antichissimo dei normanni o dei turchi o almeno così sosteneva nonna e quando litigava col nonno, gli rinfacciava sempre una qualche relazione di qualche sua trisavola parente avuta con i normanni, perchè secondo nonna, che noi avevamo i capelli biondi e gli occhi azzurri, poteva essere successo solo perchè c’era stata una liaison di questa parente (che non ha mai detto il nome) coi normanni. 😂😂😂😂😂😂😂😂😂😂 e basta.

E si cercava tra la terra brulla e coltivata  , i valloni e i torrenti, questi rialzi sospetti , alla ricerca delle tombe dei normanni. O dei turchi magari o dei mille di garibaldi, che per inciso erano venuti a chiamarci briganti, ma vabbè, questa è un’altra storia.

A sera, eravamo pieni di terra, erba secca e racconti.

E di storie  di turchi che combattevano per conquistare quelle terre, che davano fuoco ai pagliai, di normanni sanguinari e conquistatori e che ergevano ovunque castelli e roccaforti e di principi che avevano svenduto le terre e di tombe antiche ricche di monete e gioielli.

   

che poi lo dicevo a nonna, che se trovavo i gioielli le compravo una collana di brillanti e nonna rideva a crepapelle; Ah Tere ,che cosa me ne faccio di una collana di brillanti?

Ah nonna , cosa te ne saresti fatta di una collana di brillanti, è vero, non te ne saresti fatta niente, sarebbe stato meglio una gonna plaid di quelle con le frange sotto, da abbinarci una di quelle mantelline bellissime, dai colori improbabili che ti facevi d’inverno, davanti la finestra con braciere che riscaldava ma che al contempo riempiva la stanza dell’odore acre del fumo.

Ma forse era meglio una torta di mandorle, da poter mangiare quando si voleva e non quando c’era una festa, senza dover sperare che ne rimanesse una fetta da poter gustare il giorno dopo?

💓💓💓💓💓

Dopo il raccolto, tutte le mandorle si riunivano in grosse ceste per la pulitura. La sera venivano messe dentro il granaio, che altro non era una stanza grossa e vuota , c’erano dei silos di acciaio che un tempo erano di legno e lì si stipava il grano dopo la vagliatura. i più ricchi, come quelli di Villa Giannina, nel granaio possedevano anche una macina di pietra , che tirata dagli asinelli , riduceva il grano in farina.

Ma quel granaio era roba da poveri e non c’erano macine, ne asinelli

In questo granaio durante la guerra, mio nonno stipava il grano in grossi cumuli dopo la mietitura , arrivavano poi le guardie e confiscavano tutto per la causa della patria. Serviva il grano per far mangiare i soldati e chiunque si rifiutava di dare il suo contributo erano botte.

Così il nonno, aveva scavato nel fianco del vallone una sorta di grotta che aveva puntellato con le pietre e vi nascondeva il grano da nascondere ai fascisti. ma non tutto, perchè non erano certo stupidi e poi mio nonno, s’immaginava questi soldati affamati, presso un fronte ostile e freddo morirsi di fame e quindi, ne metteva da parte quello per la famiglia e il resto se lo lasciava confiscare. Del resto anche suo fratello era al fronte, in Libia, disperso e forse affamato che aspettava il pane ; ma suo fratello disperso ormai giaceva ad El Al Alamein e il pane non se l’aspettava più, ma questo il nonno non lo sapeva e anche questa, è un’altra storia.

E noi, che da piccoli non avevamo internet e you tube, andavamo spesso alla ricerca di cose non scoperte e  cercavamo, sul fianco di questo vallone, in agosto, quando le acque scorrevano esigue e lente, la  grotta fatta dal nonno.

Alla pulitura delle mandorle , si raccoglievano tutti gli scarti che venivano usati da combustibile nella stufa a legna , alla fine , finalmente si ottenevano i frutti .

Quando occorreva fare una torta , andava nel sottoscala e tirava fuori questi barattoli enormi pieni di mandorle , conservate con cura dalla raccolta estiva. Te ne offriva qualcuna, delicatamente, porgendoti nei palmi bianchi bianchi e segnati dal duro lavoro, le sue mandorle preziose, che valevano più dei brillanti.

Secondo mia nonna, la ricchezza di una donna non dipende dalla quantità di brillanti e perle che essa possiede, ma dalla possibilità di poter far da mangiare senza sacrificio. A tutti.

La torta di mandorle

La sua ricetta, non è certo quella che pubblico io oggi, della sua torta non è rimasto che la visione sul mobile della credenza, adornata di foglie di limone e di zucchero a velo e di noi, che aspettavamo di poter prendere la fetta , ma prima dovevano servirsi gli ospiti!

E abbracciati questi ricordi lontanissimi, di tempi trascorsi selvaggi, quando non avevamo che saltare le pietre nei torrenti , arrampicarci sugli alberi e correre a perdifiato tra i campi, dove non c’erano confini , mi sono lasciata guidare dai ricordi ed ecco , insieme alla mia infanzia, condivido con voi questa ricetta di questa torta , probabilmente tanto comune, quanto preziosa.

La ricetta non è quella della mia nonna, che non solo la svolgeva “ad occhio” ma non segnava niente da nessuna parte! Bisognava impararla ad occhio per poterla replicare.

questa è una mia elaborazione e mi dispiace di non avere chissà quanti scatti, in genere quando preparo questa torta , non ho nemmeno il tempo di scattare le foto col cellulare (figuriamoci con la macchina fotografica) e questi sono gli unici scatti che sono riuscita a fare.

Prima di lasciarvi alla ricetta però vi chiedo: quale dolce vi riporta indietro nel tempo?

A quale torta, pasticcino, biscotto affidate il vostro viaggio nella memoria?

Vi leggo nei commenti.

Grazie per aver letto fin qui. Se vi è piaciuto questo articolo, lasciate un ❤ come segno del vostro gradimento al mio lavoro.

enjoy life 🎈

torta di mandorle

130 gr di mandorle pelate

30 gr di arachidi facoltative, potete aggiungere nocciole o altre mandorle)

70 gr di farina 00

16 gr di lievito per dolci

200 gr di zucchero

la buccia grattugiata di 1/2 limone

6 uova

2 cucchiai di limoncello

mandorle in lamelle

procedimento:

tritare la frutta secca con un cucchiaio di zucchero preso dai 200

separare i tuorli dagli albumi e montare i tuorli con lo zucchero fino a farli diventare bianchi e spumosi; quando tutta la massa di è ben montata aggiungere il limoncello.

Aggiungete la farina di frutta secca triturata ma non troppo sottile, aggiungere quindi la farina , il lievito ed amalgamare il tutto.

A parte montare gli albumi con un pizzico di sale.

Aggiungerli gradualmente alla montata di tuorli, facendo attenzione ad amalgamarli bene; dovete ottenere una massa omogenea e ben amalgamata.

Trasferitela in una teglia da 25 cm di diametro spolverizzate con le mandorle in lamelle, rivestita di carta forno ed infornate in forno già caldo a 170° per 40 minuti.

quando la torta è pronta, capovolgetela delicatamente su di una gratella a raffreddare.

Una volta fredda  , capovolgetela nuovamente su di un piatto da portata e spolverizzate di zucchero a velo.

La vostra torta è pronta.

Potete offrirla come un golosa e confortante pausa caffè, una colazione di quelle raffinate o più semplicemente se avete voglia di una torta d’altri tempi.

Alla mia nonna credo che sarebbe piaciuta, sicuramente più di una collana di brillanti.

Grazie per aver letto fin qui, se volete spunti di video ricette o ricette inedite potete trovarmi su instagram facebook con tantissimi contenuti interessanti.

Alla prossima ricetta 😉

 

 

 

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